Una vera e propria valanga di cancellazioni scuote la stagione estiva: Rkomi, Bresh, Blanco, Sangiovanni e altri rinunciano ai tour, lasciando fan delusi – e tutto era già nell’aria.
Negli ultimi giorni il settore musicale italiano sta assistendo a un’ondata senza precedenti di tour estivi cancellati: Rkomi ha cancellato tutte le date del suo Summer Tour 2025 per motivi organizzativi, desiderando un percorso artistico più ‘intimo’ e coerente; Bresh ha seguito l’esempio, sospendendo il Marea Tour tra luglio e agosto per analoghe ragioni operative. E non sono casi isolati: Blanco, Angelina Mango, Sangiovanni e altri hanno fatto altrettanto, avviando un processo di revisione e rallentamento.



Un abbraccio complicato tra streaming e palchi
Secondo esperti, la decisione riflette un paradosso del mercato musicale: mentre i concerti torneranno con forza post-pandemia – evento che ha fatto impennare la domanda fino a 28 milioni di presenze nel 2023 – i guadagni da streaming restano limitati, spingendo gli artisti su piani contraddittori: da una parte la necessità di tour generosi, dall’altra la fatica di sostenere impegni così massicci.

Scelte consapevoli o rischio flop?
Dietro molti stop estivi – come quelli di Rkomi e Bresh – non ci sarebbe solo instabilità organizzativa, ma anche un cambio di registro artistico: si punta su spazi più raccolti, set teatrali o club, e su una proposta autentica. Un modello più sostenibile e coerente, anche con le nuove aspettative dei fan.

Le cancellazioni portano a disagi: voucher, rimborsi, date da riprogrammare. Ma soprattutto a delusione. E mette pressione sugli organizzatori e le piattaforme di ticketing – che già fanno i conti con il dynamic pricing e la volatilità del mercato.


Non mancano le altre star in calendario: Marco Mengoni, Elodie e Ultimo hanno annunciato date nei principali stadi, mentre tour internazionali – da Bruce Springsteen a Imagine Dragons – sembrano non risentire dello scenario italiano. L’estate 2025 è quella in cui il sistema musicale italiano reinventa se stesso: meno date in stadi, più scelte mirate e riflessioni su modelli più sostenibili. Il pubblico paga – con biglietti e attese – ma forse ne ricava performance artistiche più autentiche.