Bologna, scritte omofobe a San Luca: la denuncia di Barbara Col

1 Settembre 2025

“Insultata perché donna e lesbica”: la testimonianza che rompe il silenzio e chiama alla reazione collettiva

Il portico di San Luca, cuore simbolico di Bologna, è diventato teatro di un episodio inquietante: sui muri sono apparse scritte sessiste e omofobe che hanno colpito direttamente alcune donne e membri della comunità LGBTQ+. Tra le persone prese di mira c’è Barbara Col, operatrice socio-sanitaria 38enne, che ha scelto di non tacere e di denunciare pubblicamente l’accaduto.

Mi hanno insultata due volte: come donna e come lesbica”, ha raccontato a Il Resto del Carlino, spiegando come il proprio nome e cognome siano stati esposti insieme a insulti pesanti. La scoperta delle scritte ha provocato paura e senso di insicurezza, alimentati dal timore che l’autore potesse essere qualcuno a lei vicino.

L’episodio ha assunto un peso ancora più grave per la cornice in cui si è verificato: San Luca, luogo di spiritualità e ritrovo, considerato da molti un rifugio sicuro. “Mi sono sentita violata a casa mia”, ha spiegato Barbara, sottolineando il dolore di vedere contaminato da odio un luogo tanto caro alla comunità bolognese.

A darle forza è stata la solidarietà di Alice Guerra, personal trainer che per prima aveva denunciato sui social le scritte omofobe, e che l’ha contattata invitandola a esporsi. “Ho scoperto che non ero sola: siamo tante le donne colpite. La parola lesbica usata come insulto è inaccettabile. Io sono lesbica e non me ne vergognerò mai”, ha dichiarato Barbara.

La vicenda mette in luce quanto la parola possa diventare un’arma di violenza quando usata per colpire identità e orientamento. Episodi come quello di Bologna si inseriscono in un quadro più ampio di discriminazioni di genere e omofobia che continuano a emergere nello spazio pubblico.

Secondo le associazioni LGBTQ+ locali, la denuncia resta lo strumento principale per contrastare l’odio, non solo per tutelare le vittime, ma anche per affermare un principio di responsabilità collettiva. “Non siamo sole: insieme possiamo cancellare questo odio”, ha ribadito Barbara, rivolgendosi a tutte le donne che non hanno ancora trovato il coraggio di denunciare.

La sua testimonianza, insieme a quella di Alice Guerra e di Camilla Guidotti – tra le prime a segnalare gli insulti – è oggi un appello a trasformare la ferita personale in un atto di resistenza e coesione sociale.

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