Budapest sfida Orban: il Pride vietato diventa un corteo oceanico europeo

30 Giugno 2025

Da Elly Schlein a Carlo Calenda, politici italiani uniti contro l’intolleranza. La morsa autoritaria di Orban trasforma il divieto in un potente atto di resistenza collettiva: decine di migliaia in piazza per i diritti LGBTQIA+.

Quella che doveva essere una giornata segnata dal silenzio imposto dalle autorità ungheresi si è trasformata in una delle manifestazioni per i diritti civili più partecipate degli ultimi anni in Europa. A Budapest, nonostante il divieto ufficiale del Pride da parte del governo di Viktor Orban, decine di migliaia di persone hanno invaso le strade, trasformando il divieto in un boomerang simbolico che ha galvanizzato l’opinione pubblica europea.

Presenti al corteo – o meglio, alla manifestazione spontanea che ha preso il posto del Pride ufficiale – anche numerosi politici italiani, da Elly Schlein (PD) a Carlo Calenda (Azione), passando per parlamentari europei e attivisti di diverse formazioni politiche. Un segnale chiaro, trasversale, che travalica le appartenenze partitiche per abbracciare una causa comune: la difesa dei diritti fondamentali e la condanna dell’autoritarismo crescente in Ungheria.

La mossa del premier ungherese – un decreto che vieta “eventi pubblici non conformi ai valori tradizionali della famiglia ungherese” – ha ottenuto l’effetto opposto rispetto a quello sperato. Anziché zittire le voci arcobaleno, le ha amplificate. E ha risvegliato una solidarietà pan-europea che ha riportato l’attenzione sulla deriva illiberale del governo di Budapest, già oggetto di diverse procedure d’infrazione da parte dell’Unione Europea per violazioni dello stato di diritto.

Il corteo, partito simbolicamente dalla piazza dell’Università, ha attraversato il cuore della capitale ungherese sotto gli occhi attenti di una massiccia presenza di forze dell’ordine. Ma il clima, nonostante la tensione, è rimasto pacifico e determinato. Cartelli in tutte le lingue, slogan per la libertà e una sfilata di bandiere arcobaleno che ha invaso il Danubio: un’immagine potente, difficile da oscurare, anche per un regime mediaticamente chiuso come quello di Orban.

“Essere qui oggi – ha dichiarato Elly Schlein – è un dovere politico e morale. Non si può restare in silenzio quando un governo europeo calpesta la dignità delle persone in nome di una visione reazionaria e discriminatoria”. Carlo Calenda, dal canto suo, ha scelto un tono più istituzionale ma altrettanto netto: “Siamo qui per ribadire che l’Europa dei diritti non è un’opzione, è il fondamento dell’Unione. Orban deve rendere conto di fronte ai partner europei”.

La partecipazione massiccia di cittadini da Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia e persino dalla stessa Ucraina, ha confermato come il Pride di Budapest 2025 sia diventato molto più di una marcia per i diritti LGBTQIA+: è diventato un atto di resistenza civile, un richiamo forte all’Europa affinché non tolleri più derive autoritarie al proprio interno.

L’Ungheria di Viktor Orban è oggi sempre più isolata sul piano dei diritti. Ma se il leader magiaro voleva soffocare la voce del Pride, ha ottenuto l’esatto contrario: un’Europa unita, una piazza traboccante di coraggio, e una narrazione che, almeno per un giorno, ha visto la libertà trionfare sulla repressione.

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