Elio Finocchio, il “gay più bello d’Italia”: orgoglio del cognome e stoccata a Corona

1 Settembre 2025

“Non cambierò mai il mio cognome, sarebbe una sconfitta. L’outing forzato? Una cosa disgustosa”

È romano, ha 37 anni e lavora all’Hard Rock Café della Capitale: Elio Finocchio è stato incoronato “il gay più bello d’Italia”. A una settimana dall’elezione, intervistato da Fanpage.it, ha raccontato emozioni, difficoltà e visioni sul Paese, tra orgoglio personale e denuncia di discriminazioni ancora troppo diffuse.

Finocchio descrive i giorni successivi all’incoronazione come una “tranvata”: travolto da attenzione mediatica e curiosità, si trova ora a riflettere sulla propria immagine. “La mattina litigo con il mio corpo, ma poi penso che mi è stato donato e devo rispettarlo”, confessa.

Uno dei nodi centrali della sua esperienza riguarda proprio il cognome, da sempre occasione di prese in giro. “Me lo porto da quando ero piccolo, mi ha fatto crescere subito. Quando qualcuno mi prende in giro oggi, è come se mi dicesse ‘Buongiorno’”, spiega con disarmante naturalezza. Persino il padre, quando Elio aveva 18 anni, gli propose di cambiarlo per evitargli problemi. Ma lui rifiutò: “Non lo farò mai, sarebbe come non essere più parte della mia famiglia. Cambiarlo significherebbe darla vinta a chi mi ha preso in giro. Me lo tengo”.

La stoccata a Fabrizio Corona

Finocchio non ha evitato di commentare le recenti uscite di Fabrizio Corona, che ha fatto outing a calciatori senza il loro consenso e definito il Pride una “carnevalata”. La risposta è netta: “Non accetto che si parli per gli altri. L’outing forzato è sbagliato e disgustoso. Nessuno deve essere privato del diritto di scegliere quando e come raccontarsi”.

Sul Pride, Elio ribatte alle accuse: “Non è una carnevalata diversa da una sagra di paese. Sfilare, ridere e ballare è un modo per rivendicare i nostri diritti. Non è solo trasgressione, è identità e libertà”.

La storia di Elio Finocchio intreccia orgoglio personale e battaglia collettiva. Il suo cognome, usato per anni come bersaglio di scherno, è diventato oggi simbolo di resilienza. La sua elezione a “gay più bello d’Italia” acquista un valore che va oltre l’estetica: rappresenta la possibilità di trasformare un pregiudizio in forza identitaria.

Le sue parole su Corona, poi, riportano al centro un tema cruciale: il diritto alla visibilità autodeterminata. L’outing forzato e le critiche al Pride sono due facce della stessa retorica che svilisce le persone LGBTQIA+, riducendole a stereotipi o strumenti di polemica. La testimonianza di Elio, invece, riafferma la dignità di scegliere, vivere e celebrare la propria identità senza compromessi.

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