Dalla prima unione civile della città all’appello per un ricordo permanente: l’amore che ha fatto la storia chiede ora uno spazio simbolico.
Non è solo una storia d’amore, ma una pagina di civiltà scritta con tenacia, dolcezza e coraggio. Quella di Gianni Reinetti e Franco Perrello, uniti da 53 anni di vita insieme e da appena sei mesi di matrimonio civile, è una testimonianza viva del cambiamento culturale e normativo che ha attraversato l’Italia, e in particolare Torino, nell’ultimo decennio. La loro fu la prima unione civile della città, celebrata il 6 agosto 2016 con l’allora sindaca Chiara Appendino. Due uomini anziani, 79 e 83 anni, visibilmente emozionati, si dissero “sì” dopo una vita insieme. Sei anni dopo, entrambi non ci sono più: Franco è morto nel 2017, Gianni nel 2022. Ma il loro amore, e il significato pubblico che ha assunto, chiede oggi un riconoscimento permanente.

Una storia lunga 53 anni, iniziata quando l’amore non aveva diritti
Si conobbero nel 1964, in una casa in collina, quando il mondo gay italiano viveva nell’ombra e nella prudenza. Nessun locale, nessuna legge, solo “giri di amici”. Gianni lavorava in un negozio in piazza Statuto, Franco era un tecnico alla Fiat. Dopo due anni andarono a convivere, affrontando le difficoltà del pregiudizio e del silenzio. Per decenni vissero la loro vita lontani dai riflettori, come tanti. Ma nel 2016, grazie alla legge Cirinnà, poterono finalmente formalizzare il loro legame. Diventarono così cittadini con gli stessi diritti, anche se solo per pochi mesi.
L’appello alla Città: “Intitolate uno spazio alla loro memoria”
A quasi 10 anni da quell’unione civile, l’amico e portavoce Stefano Francescon ha rivolto un appello pubblico al Comune di Torino affinché venga intitolato un luogo simbolico alla memoria di Gianni e Franco. “Abbiamo visto due uomini, anziani e innamorati, diventare cittadini di serie A. Questo gesto, questa storia, merita di essere custodita per sempre”, ha scritto. L’auspicio è che questa richiesta venga accolta entro il 2026, in tempo per l’EuroPride che si terrà proprio a Torino, e che quel luogo possa rappresentare un monumento all’amore e ai diritti civili conquistati con fatica.

Una lettera al Papa, un viaggio a Lourdes, un documentario
Erano credenti, devoti, e per il loro viaggio di nozze scelsero Lourdes. Dopo l’unione civile scrissero anche a Papa Francesco, chiedendo: “Siamo una famiglia agli occhi della Chiesa?”. Una domanda che resta sospesa, ma che riassume bene la loro ricerca di dignità. La loro vicenda è diventata anche un documentario, scritto e diretto da Angelo D’Agostino e Marta Lombardelli, che racconta in modo intimo e delicato una storia che ha commosso l’Italia.