Un look audace che divide: i corsetti di scena tra applausi e polemiche.
Durante la data zero del tour “Marco negli Stadi 2025” a Lignano Sabbiadoro, Marco Mengoni ha sorpreso il pubblico non solo con la sua voce potente, ma anche con una scelta stilistica forte: un corsetto steccato, senza spalline, in pieno stile genderqueer. Un capo che ha subito catalizzato l’attenzione dei fan, dei giornalisti di moda e dei social, trasformando un dettaglio iconografico in un vero e proprio caso mediatico.
Il look che sfida le aspettative
Dietro la decisione di indossare corsetti e paillettes c’è una precisa volontà artistica. Curati dallo stylist Nick Cerioni, gli outfit – firmati ACT N.1, Giuseppe di Morabito, Etro, Andrea Alchieri – sono parte integrante del concept scenico: un pop-opera, con rimandi alla classicità e alla tragedia greca, che sottolinea un percorso emotivo intenso, segnato anche dal lutto della madre di Mengoni.

Come ha dichiarato lo stesso cantante durante il concerto di Napoli: “Voglio vestirmi come mi pare”, quasi a rivendicare un diritto alla libertà espressiva senza freni.
“Divisione nel pubblico e nel web”
Le reazioni sono state estremamente polarizzate:
- Sostenitori: molti fan hanno elogiato l’artista, definendo i corsetti un messaggio potente di autenticità e inclusività. Su Fanpage si legge: “Se il corsetto di Marco Mengoni vi distrae dalla sua musica abbiamo un problema”.
Altri ricordano:
“ho postato… ma anche uno è di troppo… si fermava sul corsetto”. - Critici: non sono mancati commenti più severi, additati come “eccessivamente femminili” o perfino offensivi. Su AlFemminile si parla di “critiche feroci” da parte di chi accusa il look di essere politica ostentata. E secondo Il Fatto Quotidiano, alcuni commenti riflettono «una miseria umana» e una tendenza a svalutare le espressioni artfully genderqueer.
Moda e musica: coerenza o contraddizione?
Esiste però una questione più sottile al centro del dibattito: la coerenza tra estetica e discorso artistico. C’è chi percepisce in quei corsetti un elemento di rottura sincero, legato al momento personale e creativo di Mengoni. Altri, come suggerisce il blog di Il Fatto, li vedono come una scelta forzata, potenzialmente distaccata dalla profondità emotiva della sua musica.

I corsetti di Marco Mengoni non sono solo un accessorio: sono pezzi di linguaggio visivo, tessuti carichi di significato. Simbolo di evoluzione, provocazione o provocazione strategica? Il dibattito continua – così come lo spettacolo, che proseguirà negli stadi (Roma, Bologna, Torino, Milano, Padova, Bari, Messina) e nei palazzetti in autunno. Quel che sembra chiaro è che, con la sua scelta, Mengoni ha trasformato un semplice tubino rigido in un palcoscenico di discussione sull’identità, la mascolinità, la libertà pop. Lo show, insomma, non è solo in musica.