“L’unica famiglia che conta è quella felice”: Antonio De Padova scrive a Mattarella e chiede giustizia per le coppie gay

2 Luglio 2025

In una lettera aperta al Presidente della Repubblica, un appello commovente per una legge che non discrimini più il desiderio di essere genitori

Antonio De Padova, 46 anni, unito civilmente con il suo compagno, ha scelto di trasformare il dolore in voce pubblica. Con una lettera aperta indirizzata al Presidente Sergio Mattarella, ha denunciato l’ingiustizia che ancora oggi colpisce in Italia le coppie gay e le persone LGBTQIA+ che desiderano diventare genitori, ma si vedono negate dalla legge ogni possibilità reale di costruire una famiglia.

La legge esclude, il desiderio resta

In un Paese dove la gestazione per altri (GPA) è considerata reato universale e l’adozione è preclusa alle coppie omoaffettive maschili, il desiderio di genitorialità per molti resta un sogno dolorosamente irraggiungibile. “Voglio solo poter amare un figlio come tanti altri padri”, scrive Antonio. “Ma la legge mi dice che non posso. Non perché manchi l’amore, ma perché amo un uomo”.

La sua testimonianza, sostenuta da Apple Pie Arcigay Avellino, arriva in un momento in cui la giurisprudenza italiana sta timidamente aprendo nuove possibilità, senza però ancora rimuovere i principali ostacoli.

Le sentenze che accendono la speranza

Due recenti pronunce della Corte Costituzionale hanno segnato un primo, seppur parziale, cambio di rotta:

  • La sentenza n. 33/2025 ha riconosciuto il diritto delle persone single ad accedere alla procedura ordinaria di adozione.
  • La sentenza n. 68/2025 ha dichiarato incostituzionale il divieto di doppia maternità per le coppie lesbiche, aprendo la strada al pieno riconoscimento giuridico dei figli nati tramite PMA all’estero.

Ma per gli uomini gay, la strada rimane sbarrata: nessuna adozione, nessuna GPA, nessun riconoscimento reciproco di figli. Una situazione che, secondo De Padova, “traccia una gerarchia inaccettabile tra famiglie”.

“Una rivoluzione familiare” per superare l’ingiustizia

Da qui nasce la campagna “Rivoluzione Familiare”, che chiede una riforma della legge 184/1983, affinché ogni persona – indipendentemente da sesso, orientamento o stato civile – possa vedere riconosciuto il diritto di crescere un figlio. Una battaglia che non riguarda solo l’eguaglianza legale, ma l’infanzia e il benessere di migliaia di bambini.

Antonio denuncia anche il paradosso di una legislazione che sembra aprirsi solo nei casi più estremi, come l’adozione di minori con disabilità, “quasi a voler concedere la genitorialità solo quando nessun altro la vuole”. Ma, afferma, “la verità è che ogni bambino merita una casa piena d’amore. E ogni famiglia felice, a prescindere da chi la compone, merita di essere riconosciuta”.

Un appello al Presidente e al Paese

La lettera si conclude con parole che vanno dritte al cuore delle istituzioni e della coscienza collettiva:
“Presidente, si metta nei miei panni. Guardi ai bambini che aspettano una famiglia. Ascolti chi è pronto ad amarli. Perché l’unica famiglia che conta è quella felice. E la felicità non conosce genere, solo amore.”

Nel suo gesto, Antonio non parla solo per sé, ma per tutti coloro che vivono la discriminazione silenziosa dell’impossibilità di diventare genitori. Un appello civile e profondo, che chiede a gran voce un’Italia più giusta, più inclusiva, più umana.

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