Un nuovo disegno di legge sulle terapie per l’identità di genere accende il dibattito: tra sorveglianza, comitati etici e dati centralizzati, la comunità LGBTQIA+ parla di “schedatura ideologica”.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che ridefinisce in modo restrittivo l’accesso ai trattamenti medici per i minori transgender. Il testo prevede la creazione di un registro nazionale dei trattamenti ormonali, vincola la prescrizione all’autorizzazione preventiva di un comitato etico nazionale, e impone che i farmaci vengano somministrati esclusivamente in strutture ospedaliere autorizzate. Una stretta che, secondo il Governo, mira a “garantire un uso corretto e sicuro” dei trattamenti. Ma per associazioni, attivisti e una parte del mondo scientifico, il vero obiettivo sarebbe un altro: limitare l’accesso ai percorsi di affermazione di genere e rafforzare il controllo statale su scelte personali e cliniche profondamente intime.
Reazioni dure e immediate: “È una schedatura politica”
Il mondo LGBTQIA+ ha reagito con preoccupazione e fermezza. Per molti, si tratta di un provvedimento che, dietro la facciata tecnica, nasconde un intento ideologico e repressivo.
“Non è una misura sanitaria. È una schedatura delle persone trans”, ha dichiarato Rosario Coco, presidente di Gaynet.
“Si istituisce un registro non dei farmaci, ma di chi li assume. È un salto verso il controllo biopolitico”.
A fargli eco, Roberta Parigiani del MIT (Movimento Identità Trans), che parla di commistione pericolosa tra dati clinici e potere politico:
“L’AIFA avrà accesso a dati sensibili. Alcuni dei suoi membri sono di nomina politica. Come possiamo pensare che sia uno spazio neutro?”
Il commento della politica: “Un tribunale dell’identità”
Alessandro Zan, eurodeputato e responsabile Diritti del Partito Democratico, è netto:
“Il governo Meloni crea un tribunale politico dell’identità. Non sappiamo chi comporrà questo comitato etico, e questo è gravissimo”.
Zan ricorda che la Corte Costituzionale e l’Unione Europea riconoscono il diritto all’identità di genere, e chiede il ritiro immediato del disegno di legge.
Dalla triptorelina all’attacco generalizzato
L’origine di questa misura affonda le radici nel 2024, quando un’interrogazione parlamentare del senatore Maurizio Gasparri contestava l’uso della triptorelina all’ospedale Careggi di Firenze. Da lì si sono succeduti un’ispezione ministeriale, la creazione di un tavolo tecnico, e oggi un provvedimento che espande il controllo a tutto il sistema sanitario legato all’affermazione di genere.
“Quello che era iniziato come un attacco alla triptorelina, ora si estende alla terapia ormonale sostitutiva nei minori”, denuncia Parigiani.
“Si vuole togliere l’adolescenza alle persone trans”.
Cristalli (Arcigay): “Paghiamo il prezzo della patologizzazione”
Christian Cristalli, attivista trans e referente Arcigay, analizza il contesto in chiave più ampia:
“Abbiamo accettato la diagnosi obbligatoria di disforia. Ora lo Stato mette le mani sull’identità trans. È il risultato di una medicalizzazione imposta, che ci ha sottratto il diritto all’autodeterminazione”.
Per Cristalli, la via d’uscita passa da una nuova agenda politica transcentrata, capace di restituire potere alle persone stesse, ai loro bisogni, alle loro storie.
Il Circolo Mario Mieli: “Politica travestita da tecnica”
Tra le voci più critiche anche quella del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli.
“Non è una legge per curare, ma per sorvegliare”, si legge in una nota.
“Sottrae autonomia ai pazienti, impone filtri e protocolli ancora ignoti, e attribuisce allo Stato il potere di dire chi può o non può esistere”.
Un provvedimento che fa discutere anche in Europa
Mentre in Italia infiamma il dibattito, 259 famiglie di minori transgender hanno inviato una lettera al Parlamento Europeo, denunciando una deriva autoritaria che rischia di rendere invivibile la vita dei loro figli.
Il disegno di legge è stato paragonato a misure simili già adottate da governi conservatori come quello di Donald Trump negli USA o di Viktor Orbán in Ungheria, dove i diritti delle persone trans sono stati fortemente limitati.
Verso una nuova mobilitazione?
La battaglia, ora, si sposta in Parlamento. Ma anche nelle piazze, nelle scuole, nei consultori. Per molti, la questione non è più solo sanitaria o giuridica: riguarda il diritto all’esistenza, all’autodeterminazione, alla felicità.
Come ha scritto un giovane paziente in cura al Careggi:
“Non chiediamo altro che poter essere felici.”