Le polemiche sul ruolo di aziende come Starbucks e Deloitte, e le restrizioni a militanti pro-Palestina rientrati in patria, infiammano il dibattito su coerenza e trasparenza del Pride romano.
La partecipazione di marchi come Starbucks, Procter & Gamble e Disney come sponsor del Roma Pride ha scatenato una levata di scudi da parte di associazioni e influencer. Starbucks, in particolare, è finita nel mirino per i legami indiretti con l’industria bellica israeliana (attraverso fondi azionisti come Vanguard e BlackRock). Attivisti pro-Palestina hanno definito la scelta incoerente con il manifesto ufficiale del Pride, che condanna la “strage in corso a Gaza” e chiede un cessate il fuoco.

Militanti bloccati, agitazioni crescenti
Parallelamente, militanti rientrati in Italia dopo il Pride avrebbero incontrato difficoltà di accesso alle frontiere, segnalandosi come oggetto di sospetti o controlli particolarmente stringenti. Non esistono dichiarazioni ufficiali delle autorità, ma fonti interne riferiscono di casi anomali di approfondimenti, messi in relazione alla loro partecipazione al festival e al supporto al movimento palestinese .

Reazioni dal fronte LGBTQIA+
Guglielmo Scilla (Willwoosh) ha lanciato un forte allarme social: “È stato chiuso il confronto e addirittura disattivati i commenti”, accusando il Pride di doppia morale . Al contempo Arcigay Roma e il Circolo Mario Mieli invitano alla partecipazione consapevole: prendendo parte alla parata, ma mantenendo “una postura critica verso le politiche filo‑israeliane”.
Risposta degli organizzatori
Mario Colamarino (Roma Pride) ha replicato definendo le accuse “frutto di disinformazione” e ha evidenziato il peso finanziario del sostegno degli sponsor, indispensabile per realizzare un evento così imponente . Ha inoltre smentito la partecipazione ufficiale di delegazioni israeliane, rimarcando la presenza simbolica della comunità ebraica queer accanto alle bandiere palestinesi.

Verso un Pride diviso?
Il malcontento ha trovato forma nel “Priot Pride” – la marcia alternativa organizzata da collettivi che boicottano l’edizione ufficiale, definita “merceficata”. L’evento avrà luogo contemporaneamente e in prossimità del corteo istituzionale, proponendo una forma di dissenso interno visibile e organizzata.
Roma Pride 2025 mette a nudo un dilemma cruciale: come bilanciare presenza massiva e finanziamenti con la necessità di coerenza politica e identitaria? Le reazioni rivelano tensioni profonde, tra chi ritiene imprescindibile il dialogo con grandi sponsor e chi pretende visibilità libera da compromessi. Le sorti della manifestazione e dell’intero movimento queer italiano si giocheranno anche sulla capacità di conciliare battaglie globali e scelte locali.