Russia 2025: pensare è reato

25 Luglio 2025

Dal 1° settembre sarà illegale digitare online centinaia di termini legati a diritti civili, storia e cultura. Stretta liberticida della Duma. Inquietudini anche tra i lealisti di Putin.

In Russia, non sarà più necessario parlare, manifestare o pubblicare un contenuto per rischiare sanzioni: basterà cercarlo su internet. Una semplice digitazione su Google o Yandex di parole come “gay”, “femminismo”, “Pussy Riot”, “Mussolini” o “ucraino pacifista” potrà costare una denuncia. Dal 1° settembre entrerà in vigore una nuova legge firmata dalla Duma che criminalizza la ricerca online di contenuti “estremisti”, anche se effettuata in forma privata e anche se mascherata tramite VPN. Un cambio di paradigma nella repressione digitale, che trasforma il motore di ricerca in uno strumento di sorveglianza e il cittadino in un potenziale sospettato. Una legge che, secondo molti analisti, consacra l’era del pensiero criminalizzato.


▪ Cosa prevede la nuova legge

Approvata con 306 voti favorevoli e un’insolita frattura interna alla maggioranza (67 contrari, 22 astenuti), la norma stabilisce che anche il solo atto di cercare sul web un contenuto classificato come “estremista” comporta una sanzione amministrativa. Le multe vanno da 3.000 a 5.000 rubli (30–65 euro), ma il quadro diventa più allarmante se si considera la vaghezza dei criteri di applicazione e il potere discrezionale concesso alle autorità.

Tra i contenuti vietati figurano:

  • Canzoni ucraine a tema pacifista
  • Album e testi delle Pussy Riot
  • Opere di teoria queer e cultura LGBTIA+
  • Manifesti femministi e saggi sul patriarcato
  • Diari di Benito Mussolini e testi sul fascismo
  • Documenti storici sul nazionalsocialismo russo
  • Statuti di partiti comunisti o anarchici
  • Opere religiose non ortodosse o spiritualità alternative

Anche l’uso di VPN sarà punito: fino a 500.000 rubli di multa per aziende e provider che promuovano o facilitino l’uso di reti virtuali private, e sanzioni minori per gli utenti privati.


▪ Dissenso interno e crepe nella propaganda

In un Paese dove il Parlamento vota per acclamazione e il dissenso è punito con l’esilio o la prigione, il voto contrario di 67 deputati segna una frattura senza precedenti. Persino volti simbolo della propaganda, come Ekaterina Mizulina (figlia del senatore anti-LGBT), hanno criticato la legge:

“Così si apre la strada a ricatti e abusi. Basterà una cronologia per incastrare qualcuno.”

Anche Margarita Simonyan, direttrice di Russia Today e megafono mediatico del Cremlino, ha espresso dubbi:

“Come faremo a identificare i contenuti pericolosi, se non possiamo nemmeno cercarli?”

Putin stesso, secondo indiscrezioni trapelate dal Kommersant, avrebbe chiesto chiarimenti al ministro per lo Sviluppo Digitale, Maksut Shadaev. Ma le rassicurazioni — “i cittadini comuni non saranno toccati” — restano ambigue e inquietanti.


▪ Una legge contro i pensieri

La legge completa una spirale repressiva già avviata da tempo. Dopo la messa al bando delle “propagande LGBT” nel 2022, la Russia ha progressivamente vietato Pride, associazioni queer, film, libri, videogiochi e persino bar con clientela omosessuale. Nel 2024 è stato creato un registro delle persone LGBTQIA+, classificato come lista “di estremisti”, sul modello del trattamento riservato a terroristi e dissidenti. Ora, la censura tocca anche la sfera interiore, perché a essere vietata non è solo la parola pronunciata, ma quella pensata e cercata.

Secondo il giurista Andrej Zubov, fuggito in Lettonia:

“È un modello orwelliano. Una persona che apre Google per cercare ‘omosessualità in Russia’ sarà trattata come un criminale. È il rovesciamento del diritto.”


▪ Repressione e controllo totale

La legge rappresenta l’ultimo tassello di un sistema di sorveglianza digitale totalitaria. Dal 2023 in poi, tutte le connessioni internet in Russia devono passare da nodi controllati dal Roskomnadzor, l’ente di censura statale. I dati di navigazione vengono già condivisi con FSB, polizia e procura.

“In Russia oggi basta una frase sbagliata, un meme, o un post del passato per finire nel mirino. Dal 1° settembre basterà una ricerca, anche se cancellata,” spiega Natalia Zvyagintseva, avvocata per i diritti digitali ora rifugiata a Varsavia.

Le opposizioni parlano di un “internet morto” e di una generazione di giovani “educati al silenzio”.


▪ L’Europa osserva, ma non agisce

Le istituzioni europee e le organizzazioni internazionali hanno denunciato il provvedimento come una “violazione sistemica della libertà di pensiero e d’espressione”. Ma le sanzioni restano deboli.
Mentre Mosca intensifica la repressione interna, il mondo assiste in gran parte in silenzio.


La nuova legge segna un punto di non ritorno: non è più necessario parlare per essere perseguitati. Basta pensare, digitare, sfiorare un tasto. La Russia di Putin non punisce più solo le voci, ma anche le ricerche. Anche i pensieri. È l’inizio di un regime dove la censura non è più solo sociale o culturale. È intima.

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