Dopo tre serate dominate dal tono tradizionalista di Carlo Conti, con ripetuti omaggi a “madri” e “padri”, il Festival di Sanremo trova finalmente una voce che spezza il ritmo e porta una nota di inclusività.
A farlo sono i Duran Duran, storica band britannica che ha fatto il suo ritorno sul palco dell’Ariston dopo quarant’anni. Nel bel mezzo della loro esibizione, il frontman Simon Le Bon ha lanciato un messaggio chiaro e diretto: “We got you, LGBTQ”. Poche parole, ma di grande impatto, pronunciate in inglese su un palco che celebra la canzone italiana, dando al Festival una sfumatura internazionale e un primo, timido accenno di apertura politica.

Un gesto che arriva dopo giorni in cui il racconto sanremese è rimasto saldamente ancorato a una narrazione familiare più classica, senza particolari riferimenti a tematiche sociali di rilievo. La frase di Simon Le Bon si è così distinta come il primo vero segnale di sostegno alla comunità LGBTQ+, in un’edizione che fino a quel momento non aveva ancora affrontato direttamente il tema.
Il pubblico dell’Ariston e i telespettatori a casa hanno colto immediatamente il peso di quelle parole. In un’Italia dove il dibattito sui diritti civili è spesso acceso, il gesto dei Duran Duran ha assunto un valore simbolico, sottolineando come la musica possa sempre essere un mezzo di espressione e inclusione.
Resta da vedere se, nelle prossime serate, Sanremo offrirà altri momenti di apertura su questioni sociali importanti o se l’intervento della band britannica resterà un episodio isolato. Nel frattempo, il Festival ha ricevuto il suo primo scossone: un momento breve, ma capace di lasciare il segno.