“Tu qui non entri”: omofobia in spiaggia a Pescara, il racconto di Gioele scuote la città

16 Luglio 2025

Insultato da un buttafuori per il solo fatto di essere gay, il 36enne Marzola denuncia pubblicamente: “Serve una legge, non è più tollerabile”.

Una notte d’estate, il mare vicino, il desiderio semplice di bere un ultimo bicchiere con gli amici prima di tornare a casa. Ma per Gioele Marzola, 36 anni, quella serata si è trasformata in un’esperienza che non avrebbe mai immaginato di vivere: “A Pescara ho conosciuto l’omofobia vera”. A raccontarlo è lo stesso Gioele, con lucidità e amarezza, attraverso un post affidato a Ultimavoce.it e rilanciato in queste ore da diverse realtà LGBTQIA+ italiane. Il fatto risale allo scorso venerdì notte, intorno alle 3. Marzola si avvicina a un noto stabilimento balneare sul lungomare nord per chiedere se fosse ancora possibile entrare. E qui accade l’inimmaginabile:

“Frcio di mrda, tu qui non entri”, si sente urlare dal buttafuori all’ingresso.

Uno sfregio che lascia senza parole, non solo per la brutalità dell’insulto, ma perché arriva da chi dovrebbe garantire sicurezza e rispetto all’esterno dei locali.

Nessuna reazione, solo silenzio e dignità

“Con i miei amici abbiamo scelto il silenzio”, racconta Gioele. “Avremmo potuto reagire, ma abbiamo preferito voltare le spalle e andarcene, feriti ma con la testa alta”.

Il giorno dopo, Marzola ha voluto tornare sul posto. Il titolare dello stabilimento si è scusato, prendendo immediatamente le distanze dal comportamento del suo dipendente e chiedendo alla società di sicurezza di rimuoverlo dal servizio. “Un gesto corretto”, ammette Gioele, “ma il problema non si risolve così. Quell’uomo lavorerà altrove, con lo stesso odio addosso. E chissà quanti altri fanno come lui”.

L’appello: “L’omofobia non è un’opinione. È violenza”

Dal racconto di Marzola emerge anche un messaggio più ampio, che va oltre il singolo episodio: “Chi odia così, spesso è pieno di vuoto e insoddisfazione personale. Io non voglio condannarlo: voglio invitarlo a cercare aiuto, a curarsi dentro. Ma serve una legge, servono regole chiare. Non possiamo più far finta che tutto questo sia normale”.

A rilanciare l’appello è anche l’associazione Jonathan – Diritti in Movimento Odv Ets, attiva in Abruzzo da oltre vent’anni:

“I casi di aggressione verbale e fisica contro persone LGBTQIA+ stanno aumentando. Le istituzioni devono intervenire con una legge nazionale e regionale chiara contro l’omolesbobitransfobia.”

Perché l’Italia ha ancora bisogno di una legge contro l’omofobia

A quattro anni dall’affossamento del DDL Zan, l’Italia resta tra i pochi Paesi europei a non disporre di una normativa specifica contro i crimini d’odio basati su orientamento sessuale e identità di genere. Secondo il report ILGA Europe 2025, l’Italia si colloca al 33º posto su 49 Paesi monitorati per tutela legale delle persone LGBTQIA+, ben sotto la media dell’Unione Europea.

  • ✅ Francia, Spagna e Germania possiedono leggi penali specifiche.
  • ❌ L’Italia si affida ancora all’art. 604-bis c.p., applicabile solo in casi estremi e con grandi limiti interpretativi.

Nel frattempo, associazioni e attivisti sottolineano l’urgenza di:

  • Formazione obbligatoria per addetti alla sicurezza e forze dell’ordine;
  • Protocolli anti-discriminazione nei luoghi pubblici;
  • Percorsi educativi nelle scuole.

“Non è solo la mia storia. È quella di tanti”

Concludendo il suo racconto, Gioele Marzola sottolinea:

“La mia non è un’eccezione. Ogni giorno ci sono persone che vivono quello che è successo a me, e spesso lo fanno in silenzio. Non possiamo più accettarlo.”

La speranza è che il suo gesto, raccontare pubblicamente, serva da esempio e stimolo, in un’Italia che troppo spesso considera ancora il rispetto dei diritti LGBTQIA+ una questione secondaria.

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