Turchia, arrestato l’attivista LGBT+ Enes Hocaoğulları: “Punito per aver denunciato le violenze di Stato”

6 Agosto 2025

Il giovane delegato turco al Consiglio d’Europa è stato incarcerato all’arrivo ad Ankara. Cresce la preoccupazione per la deriva autoritaria di Erdogan: la comunità LGBTIQ+ denuncia una stretta repressiva senza precedenti.

Il 5 agosto 2025, all’aeroporto di Ankara, Enes Hocaoğulları – noto attivista per i diritti LGBTQIA+ e rappresentante giovanile della Turchia al Congresso delle Autorità Locali del Consiglio d’Europa – è stato fermato durante un controllo passaporti. Subito dopo è stato condotto in tribunale, dove un giudice ha disposto la custodia cautelare con l’accusa di diffusione di informazioni false. La misura ha suscitato sconcerto e indignazione in tutta Europa, con le principali organizzazioni per i diritti civili che denunciano una volontà sistematica di silenziare il dissenso. I Democratici Europei hanno chiesto all’Unione Europea una presa di posizione immediata: “Chi tace, diventa complice”, si legge nella nota.

Nel mirino per un discorso scomodo a Strasburgo

Secondo quanto trapelato da fonti legali, l’arresto sarebbe legato a un intervento pubblico che Hocaoğulları aveva tenuto presso il Consiglio d’Europa, dove aveva descritto le violenze e gli abusi subiti da giovani attivisti durante le proteste antigovernative esplose in Turchia lo scorso marzo. Il discorso faceva riferimento a episodi di tortura, abusi in custodia e spoliazioni forzate, avvenuti nel contesto della dura repressione ordinata da Erdogan dopo l’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu. Due procure – una a Istanbul e una ad Ankara – avevano aperto fascicoli per “incitamento all’odio” e “propaganda ostile”, poi riuniti in un unico procedimento penale.

Un clima repressivo verso le persone queer

L’arresto di Enes è solo l’ultimo tassello di una strategia ben più ampia: negli ultimi mesi il governo turco ha accelerato l’approvazione di una legge dichiaratamente anti-LGBTIQ+, che intende eliminare ogni forma di visibilità queer dallo spazio pubblico.

“Un attacco mirato alla libertà di espressione e di esistenza”, denunciano le associazioni turche in una dichiarazione congiunta.
“Chiediamo l’immediata liberazione di Enes e la fine della criminalizzazione delle identità non conformi”.

Dalla denuncia alla persecuzione: un clima che si fa pesante

L’anno scorso, un’altra attivista, İris Mozalar, era stata arrestata con l’accusa di “istigazione all’odio” per aver difeso i rifugiati siriani in un post social. Dopo un breve fermo, era stata assolta, ma il caso segnava già una preoccupante tendenza.

Ora, nel pieno dell’“Anno della Famiglia” voluto da Erdogan, il governo ha inasprito la repressione:

  • 57 attivisti arrestati durante il Pride di Istanbul a luglio
  • Tre giovani incarcerati per graffiti a tema queer
  • Un sondaggio pubblico diffuso dallo Stato includeva l’opzione “Combattere le persone LGBTIQ+ per difendere la famiglia”, facendo trapelare l’intento omofobico della macchina propagandistica.

Il silenzio europeo e gli accordi militari con la Turchia

Mentre l’Italia prosegue nel rafforzamento dei rapporti commerciali e militari con Ankara, anche l’Unione Europea sembra mantenere un profilo basso. Le organizzazioni europee per i diritti civili sollecitano Bruxelles a intervenire non solo con dichiarazioni, ma con atti concreti, tra cui la sospensione dei fondi di cooperazione e una revisione dei trattati con la Turchia.

La voce della comunità: “Non ci cancellerete”

Dal carcere, Enes Hocaoğulları – tramite il suo avvocato – avrebbe ribadito la legittimità del suo intervento e rivendicato il diritto di raccontare la verità. Oggi, 6 agosto, è prevista una conferenza stampa delle associazioni LGBTIQ+ turche, che annunciano nuove mobilitazioni a livello nazionale e internazionale.

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