Olympo: tra fluidità, omoerotismo e doping. La nuova serie Netflix che scuote lo sport

27 Giugno 2025

Thriller sportivo, intrecci omoerotici e intersessualità: così Netflix ridefinisce i confini tra piacere, ambizione e omofobia.

Con Olympo, la nuova serie Netflix prodotta dagli stessi autori di Élite, il mondo dello sport ad alti livelli diventa palcoscenico di una complessa rappresentazione queer dove la fluidità sessuale, il menage-à-trois, l’inter­sessualità e l’omofobia emergono con forza. Ambientata nel Centro di Alto Rendimento Pirineos, la narrazione segue otto giovani atleti nel loro cammino verso il sogno olimpico – e oltre.

Un centro sportivo come microcosmo di desiderio e potere

La protagonista, Amaia (Clara Galle), capitana della squadra di nuoto sincronizzato, scopre che la sua migliore amica Núria (María Romanillos) sta crescendo in performance in modo anomalo. Il sospetto? Un programma di doping segreto sponsorizzato dal brand Olympo. Il cuore del racconto esplora come pressione sportiva, estetica e sponsorizzazioni si intreccino al conflitto interiore di molti protagonisti. Amaia, spinta alla prova più estrema, finisce travolta: il suo sogno di vittoria si scontra con l’irresistibile fascino della trasgressione e del potere del corpo – proprio come accade per Núria e altri compagni.

Omoerotismo e menage-à-trois in campo… e fuori

Le immagini condivise – carezze in spogliatoio, ingaggi di lotta sportiva straordinariamente sensuali – non sono solo provocazioni estetiche. Attraverso Roque (Agustín Della Corte), un giovane rugbista gay, la serie affronta con delicatezza il coming-out in un ambiente maschile e machista.

Non mancano intrecci amorosi a tre, rinasce lo spazio per la fluidità sessuale, e viene esplorata l’inter­sessualità come parte del continuum di corpi che resistono o si adattano alle regole dello sport — un aspetto finora quasi ignorato dai teen drama in chiave LGBTQ+.

Il doping come specchio dell’omofobia e della mercificazione umana

Dietro la tensione sportiva si cela un’altra lotta: quella contro chi criminalizza la sessualità non conforme. L’omonima sponsorizzazione da parte del brand Olympo, Dio falso del profitto sportivo, diventa metafora dell’oppressione verso i corpi che deviano dagli standard etero e cisgender. Come uno specchio deformante, la vicenda del doping amplifica anche le dinamiche di esclusione, oppressione e violenza psicologica presenti tra gli atleti – un dato concreto nelle pressioni vissute da personaggi queer, vulnerabili, o intersessuali.

Lo scontro finale e le conseguenze morali

Nel finale di stagione, Amaia (e forse tanti altri) cede alla tentazione della “pillola magica” per restare al top – pagando un prezzo elevato. Il crollo in piscina segna il culmine di un percorso che mette in discussione il concetto di vittoria: l’etica, il corpo, i diritti, e l’identità sono sul ring.

Perché Olympo è una serie imprescindibile

TemaRilevanza
Corpi queer nello sportLa serie rompe il tabù della sessualità non conforme in un contesto tradizionalmente etero.
Fluidità sessuale e intersessualitàMostra l’amore e il desiderio senza etichette rigide.
Doping come metafora socialeLa prestazione a ogni costo diventa simbolo della mercificazione umana, inclusa l’identità sessuale.
Conflitto morale e traguardiL’atleta si trasforma: da simbolo etico a vittima delle regole imposte dal sistema.
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